C'era una volta, una Realtà più bella di una Favola...
A malapena riesco ad udire il rumore delle Tre Cascate e del torrente poco distanti, poi solo il silenzio o meglio il delizioso "rumore" della Natura. Immaginate un luogo incantato e risparmiato dalla stupidità degli uomini. Forse è solo un mio incantesimo, ma qui la natura è davvero vicino alla perfezione. Strana è la vita, a volte si riesce a vivere intensamente solo pochi attimi dell'esistenza e in pochi luoghi.
Ognuno di noi credo abbia una "seconda" casa nel proprio cuore, una casa idealizzata da un sogno o dallo stato di benessere che un determinato luogo possa dare, quasi mai corrisponde al posto in cui si vive. In questo posto ancora protetto, ho sempre lasciato una parte del mio cuore.
A Trafoi ho i più bei Ricordi da bambino ed anche qualcuno da adulto, questo luogo è stato il posto ove, grazie a mio padre, ho iniziato ad amare la Natura e qui sento di vivere quegli attimi molto intensamente!
Trafoi è il paese natale di Gustav Thöni (campione di sci), ai piedi del Passo dello Stelvio, nonché al centro dell'omonimo Parco Nazionale.
La prima volta che sono venuto qui era il 1971, avevo sette anni e il mio sviluppo grazie a questo posto ha inciso parecchio: é stato sempre l'angolo del mondo, ove ho vissuto più liberamente!
La paga di un appartenente alla Polizia non è mai stata un granché, ma allora vivere con un solo stipendio per una famiglia di cinque persone, era davvero un'impresa quotidiana, però una delle cose belle che la Polizia aveva per gli appartenenti era la possibilità di avere degli "alberghi" a costi ridotti anche per i loro familiari.
Proprio qui a Trafoi c'era un albergo (o meglio un'ex caserma militare ristrutturata per accogliere le famiglie), situato in mezzo al bosco, lontano da tutto. Fino al 1983 non c'era neanche la televisione ed il telefono pubblico, si era completamente isolati dal mondo, anche se il mondo era appena a circa due chilometri!
Questa specie di albergo è posizionato in un posto che se lì fosse il deserto potrebbe essere paragonato ad un'oasi piena di verde, per noi figli di poliziotti era l'Eden, il Paradiso!
Foto anno 2002 | Il Centro Montano della Polizia di Stato fino al 1994. | Foto anno 2009 |
Dal centro del paese si continua per la strada statale dello Stelvio, quindi subito dopo l'uscita dal paese c'è un bivio e sulla sinistra si prende una strada secondaria con l'indicazione Tre Fontane. Appena superiamo le prime curve, qualcosa di diverso appare ai nostri occhi. I monti del gruppo Ortles sembrano abbracciare i turisti, la strada in certi punti è larga appena due metri e mezzo (due auto insieme a volte non transitano), dai due lati si erge elegante e maestoso il Bosco di abeti. Qui persino l'erba è più verde che altrove.
Quasi alla fine della strada, all'altezza delle ultime curve, appare l'ex caserma adibita ad albergo, circondata da una grossa recinzione come per ogni zona militare, all'interno della quale giocavano tranquilli bambini e scoiattoli!
E' un luogo ove nei mesi estivi, divisi in turni di 12 giorni, i poliziotti e le famiglie, provenienti da tutta Italia, potevano rilassarsi e fare anche nuove amicizie.
Noi figli incontravamo i genitori solo per mangiare e per dormire, a parte per una mia scelta personale che facevo quasi ogni giorno (che spiegherò più avanti), altrimenti eravamo liberi di girare serenamente.
I grandi erano tranquilli, sapevano che i propri figli giocavano con i figli di altri poliziotti, non c'erano pericoli, non c'era nulla che potesse farli preoccupare.
Vi era il campo da calcio, da pallavolo, c'erano il ping pong, il biliardo, il calciobalilla, i campi di bocce (per gli adulti); vi erano le altalene, il minigolf e una specie di giostra. Insomma c'era proprio tutto. Sembrava quasi quello che oggi si potrebbe chiamare un villaggio turistico, anche se non c'erano tutte le comodità di ora.
Da piccoli, la Colonia che poi prese il nome di Centro Montano della Polizia di Stato (luogo di soggiorno per gli appartenenti) significava la Libertà ed ogni volta si tornava in questo posto sempre più volentieri, non uscivamo quasi mai da lì, a parte per qualche passeggiata nei sentieri vicini, per scoprire nuovi luoghi.
Verso i sedici anni iniziammo a girare i paesi della valle facendo l'autostop. Qualche volta con mio fratello si andava a sciare sul Passo dello Stelvio.
A volte tornavamo al Centro Montano dopo essere stati nella discoteca del paese (presso l'Hotel Post), a mezzanotte (allora si doveva arrivare presto!), percorrendo a piedi la strada, completamente buia, solo la luce del cielo stellato.
Durante il tragitto si cantava - "Osteria nr.1 etc" - (per la "gioia" dei turisti del campeggio), era bello avere intorno ragazzi come me pieni di allegria che avevano solo voglia di divertirsi. Molte volte, però, quella strada l'ho percorsa di notte anche da solo. Ancora oggi non c'è illuminazione essendo una strada boschiva.
Quando pioveva, invece, si restava in Stube (sala di raccoglimento tutta in legno tipica dell'Alto Adige) a giocare a carte, a raccontare barzellette o a confrontare qualcosa della nostra vita con quella degli altri.
C'erano compagnie per tutte le età, i miei fratelli che sono più grandi di me di 5-8 anni avevavo una compagnia tutta loro ed erano ancora più numerosi.
In dodici giorni si riuscivano ad organizzare tornei di tresette, briscola, ping pong, ma ciò che attirava più pubblico era il torneo di bocce. Veniva aperto da una fiaccola all'interno di un grande contenitore tipo giochi olimpici, quindi i genitori in coppia mista (non doveva essere formata da coniugi) si sfidavano per ore ed ore con premiazione finale (coppe, medaglie, spumante e peluches) e, naturalmente, noi figli seguivamo con un tifo da stadio. La direzione poi, organizzava gite con pullman ad Innsbruck, Lago di Resia, Livigno; insomma, avrei mille cose da raccontare, ma c'è una cosa che preme di più!
Sin dai primi anni, le prime ore del mattino o quelle del pomeriggio, le trascorrevo con mio padre, non ne volevo fare a meno, a parte qualche volta quando un po' più grande ero impegnato per altre "cose", tipo ragazze o partita di pallone.
Ho ancora in mente le passeggiate nei boschi, la scoperta della Natura ed il "rito" della ricerca dei funghi. Mio padre diventò uno dei più noti cercatori di funghi della zona.
Lui non era di tante parole, ma certe cose le faceva capire bene, il suo esempio è sempre stato migliore di qualsiasi parola. Così ogni volta che entravamo in un bosco, capivo che avremmo trascorso parecchie ore piacevoli.
Ero molto disattento alla Natura, essendo piccolo ero attratto da altre cose, ma con lo sguardo o con un fischio mio padre riusciva ad attirare la mia attenzione e potevo notare uno scoiattolo che inseguiva un altro scoiattolo più piccolo (era un maschio ed una femmina che giocavano), oppure alzando lo sguardo, notavo un capriolo!
Dopo una decina di minuti di cammino, mio padre mi chiedeva di avvicinarmi, io all'inizio non vedevo mai nulla:"guarda bene" mi diceva, alla fine riuscivo a vedere un bellissimo fungo porcino, così potevamo raccoglierlo insieme.
Quando il fungo era mediocre non mi chiamava (io camminavo a circa 5-10 metri da lui), ma quando era molto bello, allora mi diceva di andare da lui e vedendo effettivamente la perfezione della Natura che in quel momento si manifestava in un fungo, provavo una grande gioia.
Il "rituale" della raccolta del fungo bello, anche se negli anni era lo stesso, significava per me una grande cosa che forse, mio padre, non sarebbe riuscito a spiegarmi con le sue parole. Mi chiamava per la raccolta di rari, ma bellissimi funghi e prima di raccogliere il fungo voleva che anch'io ne notassi la bellezza, era come condividere le gioie e le bellezze della vita con chi ami, anche se si trattava solo di un fungo molto bello o di vedere due scoiattoli correre sugli alberi!
Avevo forse 10-11 anni quando insieme abbiamo percorso un nuovo monte nei pressi del paese Stelvio, non so come, io mi sono allontanato da una parte e lui dall'altra. Dopo un'ora di cammino mi resi conto che il bosco era cambiato per l'altezza che avevo raggiunto: mi ero perso!
La mia incoscienza non mi faceva sentire la paura e non pensavo neanche al fatto che fosse accaduto qualcosa a lui (a quell'età si vede il padre come una persona invincibile), avevo solo paura di quello che poteva dirmi appena mi avrebbe rivisto: quel giorno non l'ho più dimenticato.
Per fortuna non persi l'orientamento, altrimenti mi sarei perduto davvero, così ho iniziato a correre in discesa, chiamavo mio padre ma la mia voce era troppo piccola. Correvo e cadevo, mi rialzavo e cadevo di nuovo, i funghi trovati conservati nel mio sacchettino, ormai, erano tutti rotti. Poi, incontrai un adulto e gli chiesi se avesse visto mio padre, mi rispose di no; continuai a correre per tanto tempo, cadevo, facendomi anche male, ma non sentivo nulla, mi rialzavo e sbattevo la testa fra i rami e continuavo a correre. Poco dopo finalmente, sentii il suo fischio (lo avrei riconosciuto tra mille), avevo tutti i pantaloni sporchi, così ero ancora più preoccupato per un grosso rimprovero.
Rispondevo al suo forte fischio chiamandolo, ma non riusciva a sentirmi, allora gridavo ancora più forte e correvo sempre di più. Finalmente incontrai un collega di mio padre, il quale mi riferiva che lui mi stava aspettando nei pressi dell'auto.
Appena uscii dal bosco, finalmente, vidi mio padre e la paura mi assalì, mi aspettavo una bella "strigliata", ma lui mi guardò bene ed aveva già compreso tutto: quel giorno avevo imparato una grossa lezione.
Nei suoi occhi verdi-azzurri, notai tanta commozione, non era facile a queste cose e neanche a dimostrazioni d'affetto; lui era così (cambiò solo con la nascita dei nipoti), ma quello sguardo fu più importante di qualsiasi altra dimostrazione d'affetto.
Dopo qualche minuto, quasi serio mi chiese: "Cosa avrei dovuto dire a tua madre se ti avessi perso?".
Cercava di non farmi capire che gli sarei mancato e tentava di spostare la sua preoccupazione nell'eventualità di avermi potuto perdere, a ciò che avrebbe dovuto dire a mia madre.
Non riuscivo a rispondere a quella domanda. Non capivo perché non era arrabbiato con me! Forse era felice di avermi ritrovato? Forse si era spaventato più di me? Forse un po' si sentiva in colpa per non aver vigilato bene su di me? Lui non mi ha mai dato uno schiaffo, quella volta avrebbe delegato mia madre?
Quando sono tornato in albergo, andai in bagno e mi guardai allo specchio, nonostante fosse passato del tempo, ero ancora molto pallido, ero tutto spettinato e pieno di graffi e sul viso sporco, avevo i segni inequivocabili di chi aveva pianto molto, allora compresi che avevo avuto molta paura. Lui aveva capito che non era necessario alcun rimprovero, avevo già ricevuto la mia lezione.
Da quel giorno nei boschi cercai di non perdere mai più di vista la figura di mio padre. Mia madre non riuscì ad afferrare quanto fosse successo veramente o mio padre non raccontò veramente com'erano andati i fatti?
In alcuni giorni, dopo un pomeriggio in cerca di funghi, con mio padre raccoglievamo i mirtilli e le fragole di bosco; poi a tavola, con il vino ed un po' di zucchero, preparava una specie di sangria trafoiana e vi assicuro era davvero una delizia!
Alla fine della giornata si tornava in camera. L'odore dei funghi era ancora nell'aria. Il rumore del fiume e la serenità conciliavano il sonno, l'indomani avremmo vissuto un'altra bellissima giornata nella Natura!
Con il passare degli anni, la maggior parte dei figli decisero di trascorrere le vacanze in altri posti, separati dai genitori. Pian piano la compagnia si affievoliva.
Nel 1994 il Centro Montano doveva essere ristrutturato e pare dovessero essere spesi alcuni miliardi di lire, il Dipartimento della P.S. ha optato per un'altra soluzione: chiusura definitiva!!!
Le Tre Fontane fino al 2009 | Le Tre Fontane Sante, dalle quali la tradizione dice bisogna bere un po' da tutte e tre, per ritornare! |
Le Tre Fontane dal 2010 |
Torno a passeggiare per la strada che porta alle Tre Fontane, che poi è la stessa che collega il paese di Trafoi vero e proprio e l'ex Centro Montano della Polizia,
passo e guardo all'interno della recinzione e vedo quella cuccia che è sempre stata la stessa da 30 anni!!!
Forse sarà anche questo che mi ha fatto innamorare di questo posto: la stabilità, trovare le cose belle sempre nello stesso stato, sempre intatte.
In quella cuccia sono vissuti vari cani, pastori tedeschi, ma ancora oggi mi ricordo di Rocky (foto famiglia Bettetto - nome che non aveva alcuna attinenza con i films di Stallone).
Il terzo anno che tornai a Trafoi, avevo credo 9-10 anni, girando all'interno del Centro, mi avvicinai al custode, era un poliziotto che aveva scelto di vivere tutto l'anno lì con la propria famiglia e stava preparando il cibo ad un cane.
La mia curiosità venne fuori come non mai, iniziai a fare dieci, cento domande. A volte non aspettavo neanche la risposta che già ne formulavo un'altra. In cinque minuti sapevo tutta la vita di quel cane che mi guardava con occhi talmente espressivi, come se mi conoscesse da tanto e gli faceva piacere rivedere.
Ho conosciuto tantissime persone meno intelligenti di Rocky: il cane non aveva bisogno di parlare, lo faceva con lo sguardo.
A volte non finivo neanche di pranzare che correvo da lui e gli portavo la carne o il pane che non mangiavo (anche se il pane ora so che non fa molto bene ai cani).
Quante feste mi faceva, giocavamo insieme quasi per un'ora. Ogni giorno che passava tra noi si creava un rapporto fantastico, c'era però qualcosa che mi turbava, ma non capivo, non riuscivo a comprendere, una strana sensazione, ma qualcosa di sicuro non andava.
L'ultimo giorno, non ho ancora capito come fosse possibile, Rocky aveva "sentito" che stavo andando via, mi guardava senza farmi le feste, poi mi è saltato sulle spalle ed ha iniziato a leccarmi e forse tutti e due abbiamo pianto un po', io di sicuro!
Durante l'inverno mi veniva da pensare a Rocky, mi mancava molto, lo immaginavo correre in mezzo alla neve e fare la guardia al Centro Montano.
Ecco cosa c'era che non andava: il custode mi disse che durante l'inverno Rocky era libero di correre, invece durante l'estate, quando c'erano le famiglie per le vacanze, doveva rimanere legato ad una catena perchè qualcuno poteva spaventarsi seppur non fosse assolutamente un cane aggressivo!
Arrivò l'Estate ed appena entrai nel Centro, lasciai i miei genitori a disfare le valigie, io andai subito a salutare Rocky, a circa cinquanta metri i nostri sguardi si incrociarono, iniziai a correre e lui iniziò ad abbaiare, mi saltò addosso, mi buttò a terra ed insieme rotolammo: che gioia!
Come possono le persone dimenticare i sentimenti, quando gli animali non lo fanno?
Così iniziò una specie di guerra fredda con il custode!
Prima di andare per funghi con mio padre, correvo da Rocky, sganciavo il moschettone della catena e vedevo il cane schizzare fuori dal cancello a forte velocità, dopo circa mezz'ora, nei boschi, ritrovavo Rocky al mio fianco, rimaneva con noi per mezz'ora poi scappava via.
Alla sera, tornava nella sua cuccia. Il custode, ancora adesso, credo non abbia ancora capito chi potesse liberare il cane (o forse ha sempre finto di non saperlo!!!!!).
Un giorno, dopo averlo liberato, insieme siamo andati sul sentiero che porta alle Tre Cascate. Sotto la seconda cascata Rocky andò a bere, poi si bagnò e venne da me a scrollarsi l'acqua. Pensai che fosse stata una cosa normale, invece ha ripetuto la stessa cosa per tre volte, finché non ho capito che voleva giocare con la cascata. Quanti salti e con quanta acqua abbiamo giocato, poi ci siamo sdraiati a prendere il sole.
Quanti momenti felici con quel cane!
Verso i quattordici anni, come ogni volta corsi incontro a Rocky, ma c'era qualcosa di strano, stavo per saltare addosso al cane, quando questi tentò di morsicarmi al viso, solo l'istinto mi fece evitare il morso. Lo guardai negli occhi come facevo sempre con Rocky: non era lui!
Corsi a cercare il custode e mi affermò che l'inverno passato era stato molto duro, il freddo aveva fatto venire a Rocky una malattia agli occhi che nessuno si era accorto, appena iniziò ad uscire il sole di primavera, il forte riflesso sulla neve lo aveva fatto diventare cieco - "e allora" - continuò il custode - "abbiamo dovuto fargli un'iniezione per addormentarlo per sempre, soffriva troppo. Non ti avvicinare al nuovo cane, non è come Rocky"-
Io non so se fosse la verità, Rocky era forte non avrebbe sofferto il freddo e non era neanche tanto vecchio, volevo fare altre dieci, cento domande, ma al custode non chiesi più nulla, rimasi di pietra.
Notai il tatto che aveva usato il custode per dirmi che Rocky era morto, forse mi era bastato. Quell'anno rimasi molto triste, davvero rimasi molto male dalla notizia della morte di quel cane.
L'anno successivo, per dimenticare Rocky e la nostra voglia di libertà e a cui avevo pensato tutto l'inverno, tentai di fare amicizia con il nuovo cane, ma era stato tutto inutile, rinunciai ben presto, era troppo aggressivo.
Foto anno 2009 | La seconda delle Tre cascate, per proseguire alla terza bisogna attraversare questa e fatalmente si attraversa anche un Arcobaleno.
Nel 2017 il percorso finale delle Tre Cascate è stato modificato. |
Foto anno 2017 |
Così, quasi ogni anno, torno in questi posti a "ricaricarmi" per l'Inverno; qui vivi la vera Alta Montagna, dopo due-tre giorni a Trafoi hai già dimenticato la città e tutte le cose negative, qui in mezzo a questi boschi che ormai percorro da solo, sento una sensazione di pace, di serenità: questi alberi emanano vita, benessere, mi sembrano tanti fratelli.
Il "grigiore" della città che è in ognuno di noi sparisce, qui la vita si tinge di verde e d'azzurro, la Natura ed il Cielo sembra che qui hanno un colore diverso!
Eccomi davanti al cancello del Centro Montano, chiuso ormai da molti anni: peccato, peccato davvero, ma se sto attento, se ascolto bene, sento ancora le altalene che dondolano, sento le voci dei bambini, vedo le auto che partono piene di tanti giovani che iniziano una nuova ed emozionante giornata in montagna! Quanta allegria, quanti visi sorridenti. In dieci - quindici giorni non c'era neanche il tempo di litigare, con qualcuno si instaurò una vera amicizia.
"Ehi! Abbassa l'autoradio, non sento, vai piano mi raccomando, ciao! Torniamo presto, ma non viene Marco? Certo, è nell'auto di Fabrizio, ciao e andate piano".
Ci sono ancora tutti nei miei Ricordi, a volte qualcuno lo ritrovo a Trafoi, o lo sento per telefono o su internet, molti però sono spariti!
A tal proposito ho formato un Album dei Ricordi per ricordarmi di tutti.
Cammino ancora per qualche metro ed entro nel Bosco più bello che io conosca, un po' troppo sfruttato per i miei gusti (anche se tenuto molto bene), con tavoli posizionati per pic nic e le aree riservate alle grigliate, ma quando è deserto, questo è il mio posto ideale, vivrei sempre qui. Forse solo qui riesco ad essere veramente sereno.
Ancora qualche passo ed inizio a percorrere il Ponte che collega il Bosco con le famose "Tre Fontane".
Nel 1229 il pastore Moritz, in questo posto, vide tre getti d'acqua uscire da una roccia e ciascuno portava con se una Croce, riuscì a prenderne solo due, la terza si perse nelle acque, inoltre, pare, che tra i rami di un albero, vi sia stata un'apparizione della Madonna, detto così può sembrare strano, qui c'è un piccolo Santuario a protezione di questo magnifico posto.
Il Ponte di legno ricostruito nel 1990, è alto circa due - tre metri dal fiume e lungo trenta; a metà del ponte, rivolti verso il Madaccio, si può vedere uno spettacolo unico.
Le tre cascate in alto sulla destra, il ghiacciaio e il Madaccio che sembra staccarsi da un momento all'altro!
Un paesaggio di grandi alberi e piccoli prati, in mezzo il grande letto del fiume che raccoglie tutti i ruscelli dai lati, letto composto da grandi e piccole rocce staccate dalle montagne con le slavine e con le frane: sembra quasi tutto finto.
Quanti Sogni sono stati fatti su questo Ponte (e sul precedente), da tante persone.
Durante il giorno la vista si riempie d'azzurro e di verde, il fiume corre veloce con un piacevole rumore, la neve si scioglie al Sole dell'Estate: tutto è perfetto e la notte, quando non fa freddo, su questo Ponte lo spettacolo è ancora più emozionante!
Spesso arrivavo a Trafoi il 10 Agosto, poi con qualcuno che comprendeva certe cose, verso le 23.00 mi allontanavo dal Centro ed al buio (o con qualche torcia elettrica), arrivavo su questo Ponte (che dista dal Centro circa 150 metri) e mi posizionavo proprio a metà.
Mi voltavo dando le spalle alla valle e guardavo in alto e proprio in questo giorno, nella notte di San Lorenzo (appunto il 10 agosto), le Stelle iniziavano a cadere come se fossero tante piccole lucciole che cambiavano direzione.
Il vecchio Ponte di fronte alle Tre Fontane | | Dal 1990 il nuovo ponte è di fronte al Santuario |
Così, alti nel Cielo andavano i miei desideri, non per una credenza popolare, ma volevo dedicare i miei Sogni a quello spettacolo così naturale.
Quante ore ho trascorso su questo Ponte! A volte eravamo addirittura una ventina di ragazzi che spontaneamente si trovava al buio a testa in su ed ognuno esprimeva nel proprio cuore un grande desiderio. E' leggenda che parecchi di quei desideri espressi su questo Ponte, al cadere delle stelle, si siano veramente avverati.
Ma l'incanto erano proprio quei ragazzi, bastava stare intorno ad un fuoco e guardare le fiamme, sognare una vita serena e rimanere abbracciati con qualche ragazza, ascoltando il suono di una chitarra o il rumore della brace che arde.
La vera magia era la semplicità nel divertirsi con poco, di giocare a calcio o pallavolo piuttosto che a ping pong, a biliardo o calciobalilla; di mangiare qualcosa all'aperto e di giorno di camminare o di andare a mangiare uno di quei giganteschi gelati che fanno da quelle parti.
Nei pressi di questo Ponte c'è una Cascata. Il riflesso del sole quando colpisce l'acqua forma un bellissimo Arcobaleno e correndo un po', si può passare sotto la cascata e attraverso l'Arcobaleno.
Passare attraverso quei colori e gli spruzzi d'acqua non si può fare a meno di bagnarsi un po', ma dopo ci si sente davvero un po' più bambini - più puliti - fino a dimenticare ogni problema esistenziale. Quand'ero piccolo ero affascinato dalla leggenda dell'Arcobaleno: essa sostiene che se si arriva nel posto dove finisce l'Arcobaleno si trova un Tesoro. Oggi credo che se segui la tua Strada con tutti i suoi colori e sfumature, alla fine trovi quello che cerchi.
Io, non credo di aver girato molto per il mondo, però qualche bel viaggio l'ho fatto, ma ovunque sia andato o io vada, mi torna sempre in mente questo paesino. Ora capisco che forse qui ho davvero trovato il mio tesoro che non è il luogo, la cosa materiale di per se, ma è qualcosa dentro, di pace e serenità che provo dentro me - e solo qui riesco a sentire. -
Per me è Trafoi, dove finisce l'Arcobaleno...
Dicono che nella vita si rincontra la stessa persona almeno per una seconda volta. Allora spero che ogni volta tornando a Trafoi, qualcuno di voi potrò ancora incontrarlo, magari sul - Ponte dei Sogni.- (biografia al 04.09.2009)
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